PIETRO GRASSI-LIBERI TUTTI
Pietro Grasso è un magistrato e politico italiano, procuratore nazionale antimafia dal 2005. Nel 1984 gli viene affidato l'incarico di giudice a latere (nel collegio giudicante) nel maxiprocesso a Cosa nostra. Nel 2012 pubblica “Liberi Tutti, lettera a un ragazzo che non vuole morire di mafia”. È la sua seconda esperienza letteraria.
Il titolo rimanda alla formula con la quale si conclude il gioco di nascondino. Nel primo capitolo del libro, l'autore racconta di quando era piccolo, e di quanto gli piacesse nascondersi per potere fare tana alla fine e liberare gli altri giocatori.
Grasso dedica il romanzo a suo nipote Riccardo e a tutti i ragazzi che hanno la speranza di riuscire a rendere il mondo più libero seguendo i loro sogni. Sceglie di rivolgersi ai giovani perchè ritrova forte in loro l'utopia del cambiamento che gli adulti hanno ormai superato. Per il magistrato questa è l'occasione per spiegare come la cultura della legalità sia l'unica via percorribile per rompere le catene della schiavitù della mafia, affrancarsi dalle sue leggi, riscattarsi dalla violenza del suo dominio. Soprattutto invita il lettore a riflettere che i morti per mafia non sono solo quei corpi straziati, ma sono vittime tutti coloro che si adeguano a vivere nell'illegalità e nell'ingiustizia Grasso riconosce nella mafia non solo un fenomeno criminale, ma anche un sistema sociale e culturale ben radicato, che sembra offrire sicurezza e benessere a chi ne fa parte. Ed è questo il motivo che spinge molti giovani a schierarsene a favore piuttosto che combatterla.
Il libro si suddivide in 19 capitoli, ognuno dei quali ha un titolo che è quasi un sommario del suo contenuto.
Il linguaggio del libro è semplice e diretto con frequente ricorso a termini settoriali di stampo giuridico ed è raccontato in prima persona. In effetti Pietro Grasso tratta della mafia utilizzando la sua esperienza personale. Ne sono un esempio i capitoli 7 ed 8, che descrivono il maxiprocesso contro Cosa nostra. Per l'occasione era stata costruita un'aula bunker per ospitare le migliaia di persone, tra cui i 475 imputati, i giudici ed i giornalisti. Grasso racconta di come in meno di due anni, i giudici erano riusciti a infliggere diciannove ergastoli e migliaia di anni di carcere in una lotta contro il tempo per riuscire a processare dentro le scadenze legali tutti gli imputati. Seppure la materia trattata sia impegnativa, il magistrato trova comunque il modo di narrara alcuni aneddoti divertenti.
Gli altri capitoli del libro hanno un carattere più generale. Viene spiegato il ruolo e l'influenza della mafia in vari ambiti sociali e il suo sviluppo ed adeguamento nei vari periodi storici.
Nel secondo capitolo, ad esempio l'autore descrive di come la mafia si mobiliti per soddisfare i bisogni della comunità, occupando spazi lasciati vuoti dalle istituzioni.
Nel terzo approfondisce il rapporto delle donne con la mafia, differenziando il ruolo della donna nelle cosche dalle donne che trovano il coraggio di ribellarsi. Le prime, le cosiddette “donne d'onore” , hanno un ruolo del tutto subalterno a quello dei loro mariti che a volte affiancano attivamente nel crimine, mentre alle seconde Grasso riconosce un ruolo da protagoniste e ci racconta che se un tempo trovavano la forza di denunciare atti mafiosi solo le donne vedove od orfane, oggi, invece, alcune trovano il coraggio di rompere i legami con la famiglia mafiosa e decidono di collaborare con il movimento antimafia. È proprio a loro che il magistrato si appella, come ad unanuova energia rinnovatrice.
Anche la chiesa ci viene presentata in un duplice aspetto: ai chierici corrotti si contrappone il clero che, dopo l'esempio del cardinale Pappalardo, ha il coraggio di denunciare la violenza mafiosa.
Il libro comprende ancora paragrafi nei quali sono presenti delle digressioni di carattere storico, dove vengono raccontate le leggende sull'origine del sistema mafioso, oltre alla delineazione dei principi che sono alla base della regola mafiosa.
La lettura termina con la richiesta di Grasso a mobilitarsi per produrre un cambiamento.
Il romanzo ha suscitato tanto interesse, da organizzare un “Progetto legalità”, nel quale il Procuratore ha raccontato dell'esperienza del Maxiprocesso e degli eventi del '92, quando hanno perso la vita Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.
Emma Zuppi.
Intervista per "Radio Laghi in Blu" di Mantova, a cura di Dante Cerati.
[http://www.youtube.com/watch?v=DAW92h7_JAI]
INTERVISTA SULLA MAFIA
ECO-culture e viaggi è una cooperativa siciliana, impegnata in attività di promozione e sviluppo del territorio, che opera anche in attività sociali ed economiche locali, volte a promuovere un cambiamento sostenibile. Nel mese di marzo, con alcuni studenti e docenti della mia scuola, abbiamo trascorso quattro giorni in Sicilia seguendo il percorso organizzato da questa cooperativa, accompagnati da due operatori: Roberta e Francesco, ai quali ho posto alcune domande in merito alla mafia.
Che cos'è la mafia?
La mafia è un fenomeno sociale ed economico. È un modo di far muovere enormi quantità di soldi attraverso il controllo del territorio, utilizzando come strumento soprattutto la violenza e la mortificazione dei diritti e della libertà delle persone.
Chi è la mafia?
La mafia oggi non segue più lo stereotipo dell'uomo a cavallo con la coppola e la lupara. La mafia è potere economico e controllo politico. È una sorta di piovra che agita i suoi tentacoli alternativamente sulle speculazioni edilizie, sul traffico di droga o quello delle armi.
Dov'è la mafia?
La mafia inizia come fenomeno locale, ma si è rapidamente radicata ovunque ci sia la possibilità di guadagno illecito attraverso il monopolio delle risorse del territorio e imponendo attività del tutto illegali. Nelle gare d'appalto del nord Italia come del nord Europa la mafia è un cancro che si diffonde in modo capillare e si adatta ai tempi e ai luoghi, in continua evoluzione. Quest'ottica di analisi impone, ovviamente, un supplemento di sforzi nelle indagini, nelle ricerche di una modalità capace di arginare questo fiume in piena collocandolo almeno a livello culturale in una categoria di problemi per i quali si offrono soluzioni e non solo o non più solo impotenti slogan.
E lo stato come si comporta nei confronti della mafia?
Lo stato reprime l'espressione militare della mafia, mentre la parte di organizzazione che si espande tramite circuiti finanziari e si nasconde dietro la legalità, è più difficile da contrastare. Bisognerebbe che tutti si mobilitassero ogni volta che si creano situazioni dannose per lo sviluppo del territorio. Inoltre non esiste, ad oggi, una separazione netta tra stato-mafia e politica, basti l'esempio dei presidenti della regione che sono stati condannati per associazione mafiosa. Ed è per questo che noi della cooperativa Eco ci battiamo affinchè queste vicende possano essere fermate dal basso.
Avete ricevuto delle risposte positive?
Riceviamo risposte positive ogni volta che dialoghiamo e informiamo le persone. I giovani, soprattutto.
Cosa comporta ribellarsi?
Comporta fare una scelta. Ci sono persone con cui si crea affinità e che condividono la lotta. Ma quando si vanno a toccare aree di interesse economico, purtroppo, assistiamo a reazioni di segno contrario che forse dipendono dall'influenza che la mafia ha sul territorio. Lo constatiamo anche nelle espressioni più burocratiche del fenomeno, ad esempio il rallentamento o l'insabbiamento di una pratica o di un procedimento lecito piuttosto che minacce o attentati. Ribellarsi significa essere consapevoli di voler dire: NO, ed avere sempre la forza e la determinazione di mettere in pratica la propria scelta, anche con i piccoli comportamenti quotidiani, come lo scegliere quale prodotto comprare e da chi recarsi, e fare chiarezza sulle dinamiche dei diritti e il rispetto degli altri. Significa costruire e diffondere una cultura della legalità.
Emma Zuppi
http://http://www.ecoculture.it/?page_id=77
http://http://www.areateatro.it/
Ad Augusta, c’è chi non vuole dimenticare le sue origini.
Parola chiave: MEMORIA
Per non perdere il bagaglio culturale messo a rischio dalla modernità.
Nella provincia di Siracusa, fondata nel 1232 da Federico II di Svevia, si trova una città che conta circa 34.000 abitanti chiamata Augusta.
La sua posizione geografica, a ridosso della costa, ha fatto si che la pesca fosse l’attività economica principale. La popolazione locale ha tramandato le tecniche dei pescatori, le loro storie e leggende di padre in figlio, arricchendole, a volte modificandole, mantenendole sempre vive.
Quando l’immaginario collettivo non era influenzato dalla televisione, tutti conoscevano la storia di Polifemo innamorato e le avventure di zio Ciano e dei sui amici.
Poi, a partire dagli anni '50, il progresso industriale ha stretto la sua morsa sul territorio, ha distrutto gli equilibri della comunità: non si può più pescare perché il mare è inquinato dal mercurio e le modifica artificiali apportate alla costa per la costruzione del grande porto hanno cancellato i punti di riferimento. La maggior parte delle persone ha iniziato a lavorare nelle fabbriche e chi voleva continuare a pescare si è trovato costretto a farlo altrove. Così il bagaglio culturale di generazioni e generazioni rischia di perdersi assieme agli ultimi pescatori.
Alessio Di Modica, siciliano DOC, se n’è reso conto. Sua nonna gli raccontava le storie dei pescatori e lui è consapevole del valore che hanno: riportano le tradizioni e la mentalità di una comunità che sta sparendo. Si è quindi imbarcato in un percorso di ricostruzione e diffusione di questi racconti. Ha iniziato parlando con gli ultimi pescatori testimoni di quella realtà ed è riuscito a unire i vari episodi delineando la storia completa. Queste testimonianze sono state raccolte nel libro “Il sogno di zio Ciano” che viene presentato in giro per l'Italia dallo stesso Alessio. Quando è nella sua Augusta, in collaborazione con la cooperatva “AreaTeatro” organizza incontri con le scuole locali o con classi in viaggio d'istruzione come noi, per sensibilizzare i giovani alla questione.
Abbiamo quindi avuto la possibilità di partecipare a un esibizione di Alessio nei panni di un Cuntastorie: ci ha raccontato, rigorosamente in siciliano, accompagnandole con una semplice ma efficace mimica, alcune di queste leggende. Il fascino di trovarsi proprio nella città dei protagonisti, intravedendo il loro mare e l'Etna, ha reso il tutto ancora più suggestivo.
Sofia Allegra