Ostia Antica

Il giorno 5 Maggio 2011, ci siamo recati presso il sito archeologico di Ostia Antica. Arrivati all’entrata del sito abbiamo dovuto attendere circa trenta minuti per poter entrare a causa della lunga fila alla biglietteria. Alle 11.00 è iniziato il giro turistico visitando le necropoli romane al di fuori delle mura di Ostia lungo la Via Ostiense dove la nostra guida, Lucilla Rossi, ci ha spiegato a grandi linee la storia di questa città.
Ostia venne fondata nel VII secolo a.C. vicino la foce del fiume Tevere da Anco Marzio, quarto re di Roma, ma i resti archeologici hanno permesso di stabilire che il primo nucleo (castrum), una cittadella fortificata situata alla foce del Tevere dove la presenza delle saline era molto elevata, risale al IV secolo a.C. Nel II secolo a.C. si cominciò a costruire fuori dal castrum e l’originario centro commerciale cominciò a diventare una vera e propria città. Vennero costruite delle mura per proteggere la popolazione e consentire un maggiore sviluppo. L’aumento della ricchezza e del numero degli abitanti portò a trasformazioni non solo sociali ma anche urbanistiche. Il foro nacque con la ricostruzione del Capitolium (un tempio dedicato a Giove, Giunone e Minerva); si moltiplicarono gli horrea (grandi magazzini e depositi di merci), nel foro si costruirono la basilica, la curia e le terme e con Augusto sorse il teatro. Alle abitazioni di epoca repubblicana si sostituirono ricche case. In seguito nacquero le insulae (cioè palazzi di mattoni che raggiungevano un’altezza anche di 4-5 piani), vennero progettati e costruiti interi quartieri cittadini.
Data la sua natura commerciale, Ostia era una città cosmopolita, in cui convivevano persone di diverse etnie. Nel 42 d.c. sotto l’imperatore Claudio, fu costruito il porto di Ostia che sarà più tardi ampliato da Traiano. Ostia fu quindi uno snodo commerciale di beni diretti a Roma, e crebbe in ricchezza e prestigio, infatti grazie al commercio del sale (all’epoca molto importante per la conservazione del cibo) Ostia divenne un importante centro fino a toccare il massimo splendore con la ristrutturazione urbanistica di Adriano, quando contava oltre 100.000 abitanti. Con la caduta dell’impero e le invasioni barbariche, iniziò anche la decadenza di Ostia: la città fu pian piano abbandonata. Nel IX secolo d.C. papa Gregorio IV costruì un nuovo centro abitato, Gregoriopoli, al quale si aggiunsero col passare del tempo, una torre cilindrica e il castello di Giulio II.
[Stefano Tranquilli, Andrea De Filippis]

Dopo questa interessante spiegazione proseguendo per la Via Ostiense, la guida ci ha illustrato le necropoli spiegandoci che esistevano due tipi di sepoltura: l’inumazione e la cremazione. I cadaveri inumati venivano sepolti all’interno di sarcofagi di pietra e a loro volta posti all’interno di tombe che assomigliavano a tutti gli effetti a case della vita quotidiana del tempo. Le ceneri dei cadaveri cremati venivano invece messe all’interno di anfore che venivano in seguito poste in apposite concavità, sempre all’interno delle tombe.
I materiali da costruzione utilizzati per edificare le necropoli variano a seconda della situazione economica di Ostia: nei primi periodi venivano usati prevalentemente il tufo (materiale morbido) e i sampietrini a forma piramidale incastrati con la punta nel muro; essi venivano ricavati dalle pietre che venivano solitamente utilizzate per la costruzione di strade e la loro caratteristica principale era quella di essere formate da materiale molto resistente. Nei secoli in cui la situazione economica di Ostia era migliore rispetto alla precedente, venivano usati principalmente mattoni e cemento (formato da calce, malta e sabbia). Le tecniche di edificazione delle mura delle necropoli erano principalmente due: opus reticulatum e opus caementicium. La prima consisteva nel disporre i sampietrini in modo da formare un reticolato sulla

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parete, mentre la seconda prevedeva l’utilizzo di mattoni cotti come rivestimento del muro costituito di cemento. Per garantire l’igiene dei cittadini, le necropoli venivano costruite all’esterno delle mura.
Lasciandoci alle spalle la necropoli, siamo giunti di fronte alla “Porta Romana”, uno dei principali ingressi della città. Essa, ornata da statue rappresentanti la dea Minerva, ci immette lungo il decumano massimo (infatti i romani costruivano le vie delle città parallele a due vie principali tra loro perpendicolari: il cardo e il decumano massimo). La porta, risalente all’epoca repubblicana, fu costruita in principio con blocchi di tufo, ma venne poi rivestita di marmo in età imperiale.
Procedendo lungo questa per qualche metro siamo arrivati a “Piazza della Vittoria” che prende il nome dalla statua lì presente della Dea Minerva Vittoria.

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(Tranquilli, De Filippis)

Lungo il decumano massimo, si trova il teatro romano, l'unico ad essere caratterizzato da un portico attraverso il quale si raggiunge direttamente l'orchestra.
Il teatro fu costruito all’età di Augusto per poi essere ristrutturato in seguito.
Nell'entrata si possono notare due aperture, anticamente botteghe poi trasformate in passaggi per l'acqua, nel caso di giochi acquatici; ancora oggi il teatro è utilizzato per spettacoli.
Inizialmente il teatro poteva ospitare 3000 spettatori, in seguito venne ristrutturato portando la capienza a 4000 persone.
Dietro il teatro si trova il foro delle corporazioni che ospitava le maggiori botteghe della città caratterizzate nel loro interno da piccoli mosaici che indicavano la provenienza delle merci.
Il grande piazzale era funzionale al teatro in quanto offriva un luogo per passeggiare negli intervalli degli spettacoli teatrali che potevano durare anche per due giorni consecutivi o per ripararsi in caso di pioggia.
I mosaici che si trovavano all'interno delle botteghe si possono tuttora vedere, purtroppo però trovandosi all'esterno molti di loro sono rovinati o coperti di detriti.

(Agnese Rizzari e Arianna Serrao)

Dopo aver camminato lungo la via delle Corporazioni abbiamo raggiunto, attraverso un cardine minore, la lavanderia (chiamata fullonica). Questa era indispensabile poiché non ci si poteva assolutamente lavare i panni in casa propria. A Ostia antica sono state ritrovate quattro grandi lavanderie. Erano ben organizzate: al centro quattro grandi vasche per lavare i panni messe in leggera pendenza, in modo tale che l’acqua scorresse dalla prima verso l’ultima e risciacquasse i panni, mentre il lavaggio avveniva ad opera dei fulloni (lavandai) dentro dei vasi di terra cotta alloggiati lateralmente. I fulloni lavavano i panni pestandoli con i piedi e li tingevano fissando i colori con l’urina: per questo motivo le lavanderie non potevano trovarsi in mezzo al centro abitato ma dovevano essere costruite decentrate per evitare che il cattivo odore si diffondesse. I panni poi venivano messi a stendere su delle travi ai lati dei muretti, venivano asciugati e consegnati ai clienti.
(Beatrice Clementi e Claudia Volpicelli)

Successivamente ci siamo soffermati su una casa risalente al 135 a.C. circa. Questo edificio, detto Casa di Diana per una tavoletta di terracotta ritrovata su una delle pareti che riproduce appunto la dea della Caccia, dà il nome alla via in cui è situata, chiamata quindi via della casa di Diana.
La casa era formata da varie camere (cenacula), che il proprietario (dominus insulae) affittava a chi si fermava nella città per brevi periodi e quindi non necessitava di un appartamento completo. All’interno della costruzione si trova anche una latrina comune, altro elemento che porta a pensare che la casa non fosse altro che un antico albergo. L’edificio che era composto da quattro piani, è abbastanza ben conservato infatti è ancora oggi possibile scorgere una balconata che circondava la facciata dell'edificio al primo piano.

Sempre nella Via della casa di Diana, si affaccia uno dei più interessanti edifici della città: una taverna (o thermopolio) risalente all'epoca dell'imperatore Adriano dove ci si poteva rilassare mangiando, bevendo e ascoltando musica.
All'interno ci sono tre sale, quella di mezzo è la principale.
Prima di entrare nel locale centrale c'è un bancone a tre piani dove venivano poggiati cibi e bevande, per i clienti che andavano di fretta; sotto il bancone si trovava una vaschetta per lavare le stoviglie. La sala interna, decorata con alcuni affreschi, contiene un altro bancone per l'esposizione delle vivande, sopra al quale si può ammirare un dipinto di natura morta raffigurante un piatto di legumi, un bicchiere di vino e uno stumento musicale. A destra è situato un locale che veniva utilizzato come cucina, con un fornello e un dolio (vaso interrato), dove venivano tenuti in fresco acqua e vino.
Sul retro il thermopolium affaccia su un giardinetto attrezzato con dei sedili in muratura per gli ospiti che desideravano mangiare all'aperto.
Più avanti abbiamo raggiunto un panificio romano dove si produceva e si vendeva il pane. Al suo interno la guida ci ha illustrato gli attrezzi necessari per la preparazione del pane. Il grano veniva macinato in apposite macine formate da due elementi in pietra lavica. Nel primo, di forma conica, erano inseriti dei bastoni che, spinti da animali da soma, lo facevano ruotare macinando così il grano, trasformandolo in farina. Questa veniva raccolta in un recipiente sottostante ed in seguito veniva impastata dal panettiere in appositi recipienti anch’essi in pietra lavica. Una volta cotto il pane veniva venduto fuori dalla bottega, sulla strada, dove c’era il via vai dei passanti. (intervento di Giada Cicchetti, Allegra Sofia e Giuseppe Alvise Sergi)

Dal Termopolium ci siamo spostati al Foro, il vero e proprio cuore della città. Il Foro nelle colonie si ispirava a quello di Roma, ma quello di Ostia è sicuramente più piccolo e più circoscritto, come in tutte le città situato all’incrocio tra il cardine e il decumano massimo. La guida ci ha detto che il monumento più importante del foro era quello dove eravamo seduti noi, il Capitolium, il tempio più frequentato della colonia e che si ispirava al Capitolium di Roma. A Roma il Capitolium era sul Colle Capitolino, dove sorgeva però fin dall’epoca dei re Etruschi, un tempio dedicato a Giove, Giunone e Minerva. Questo rimase per sempre il tempio più importante della Roma antica, gigantesco, posto in posizione sopraelevata e visibile da tutta la città. Il Capitolium era quindi un tempio di grande importanza dedicato alla Triade principale del Pantheon romano: Giove, la moglie Giunone e la figlia Minerva.
Il Capitolium non è stato il primo monumento del Foro, poiché è stato costruito in età Adrianea mentre la piazza risale all’epoca di Tiberio, I sec. d.C..
Per superare il dislivello tra la piazza e il pronao (il colonnato) fu realizzata una grande scalinata, che è stata restaurata successivamente e dove abbiamo trovato un po’ di riposo. Sulla facciata del tempio c’erano sei colonne (tempio esastile) e la parte chiusa (chiamata cella) era tripartita, come a Roma, ossia c’erano tre celle: la centrale riservata a Giove e le due laterali a Giunone e Minerva. Le statue di culto però non sono mai state ritrovate. Il tempio era anticamente coperto da un tetto a due falde.
Il primo monumento costruito nel Foro è stato un altro tempio che si trovava sul lato opposto rispetto al Capitolium, dove oggi si vedono dei muri piuttosto bassi; del tempio sono rimaste solo le fondamenta e fu realizzato in onore di Roma e Augusto nell’epoca di Tiberio, successore dell’imperatore Augusto. Anche questo edificio era importante, ma ne rimane, oltre che le fondamenta, solo qualche arredo in marmo salvato dalla rovina.
Per il resto il Foro era una piazza rettangolare cinta da portici su due lati e sulle cui testate si trovavano questi due templi; su un lato invece c’era la sede dei decurioni, la Curia. Visto che nelle colonie non c’era il senato come a Roma, era stato istituito il consiglio dei decurioni che era una sorta di consiglio comunale. Di fronte c’era la Basilica Giudiziaria dove si svolgevano i processi. In pratica Curia, Basilica e Capitolium erano i monumenti fondamentali dei fori delle città antiche.
Ci siamo alzati con fatica dai gradini e ci siamo diretti verso il complesso termale del Foro.

Le Terme del Foro erano probabilmente le più frequentate di Ostia perché situate al centro della città. Sono state realizzate in maniera molto intelligente con un orientamento tale da facilitare la conservazione del calore negli ambienti riscaldati: gli ambienti freddi erano orientati a Nord, quelli caldi a Sud affinché potessero ricevere la luce solare dall’ora di pranzo in poi. Infatti le terme erano frequentate da coloro che lavoravano dalla mattina fino alle prime ore del pomeriggio.
Gli ambienti riscaldati erano costruiti in modo tale da non coprirsi l’uno con l’altro: a scaletta. Questo permetteva di sfruttare l’insolazione. Tra i vari ambienti ce ne era uno che non aveva copertura ed è stato riconosciuto come il Solarium, luogo adibito all’elioterapia, consigliata dai medici dell’epoca.
Dal Solarium ci siamo spostati in un ambiente che è stato riconosciuto dagli studiosi come la sauna, riscaldato e coperto e attrezzato con dei sedili laterali per stare seduti e sudare ed espellere le tossine. La guida ci ha mostrato i resti evidenti del sistema di riscaldamento che si trovava in tutte le terme romane ed anche in alcune domus e residenze imperiali.
E intanto pensavamo che un bagno termale fresco ci sarebbe voluto proprio in quel momento!
Dietro le banchine c’erano dei tubi in terracotta che correvano lungo tutto il perimetro della stanza e che in antichità erano alloggiati tra la cortina muraria in laterizio e il marmo e quindi resi invisibili ai clienti. Nei tubi passava l’aria calda che veniva prodotta all’interno dei prefurnia, forni sotterranei. Quindi sotto la stanza si bruciava la legna, l’aria calda veniva convogliata all’interno dei tubi aperti alla fine in modo tale che l’aria calda potesse uscire e invadere la stanza. Negli altri ambienti, dove non si doveva fare la sauna ma si doveva soltanto scaldare la stanza, l’aria calda non fuoriusciva ma veniva fatta circolare dietro le pareti o sotto il pavimento. Lì dove c’erano le vasche poi c’erano anche delle cisterne, poste accanto al forno e dove si scaldava l’acqua che serviva poi per fare il bagno.
Finita la spiegazione ci siamo mossi per passare attraverso due Tepidaria, cioè due ambienti senza vasche che venivano riscaldati mediamente. Così siamo arrivati al Caldarium.
Tutte stanze erano di grande eleganza, rivestite in marmo bianco.
Il Caldarum aveva tre vasche piuttosto grandi riservate al bagno caldo ad immersione (a differenza del Natatio dove si poteva nuotare liberamente) alle quali si accedeva grazie a dei gradini.
Accanto al Caldarium c’era la palestra (sulla quale affacciavano delle grandi finestre) che faceva parte delle stanze riscaldate e quindi si metteva nell’ala Sud assieme agli altri ambienti caldi.
Attraverso dei corridoietti siamo arrivati al Frigidarium, il quale serviva anche come salone di raccolta e smistamento delle persone. Era quindi l’ambiente più grande delle terme, di forma rettangolare, senza impianto di riscaldamento e al centro del quale c’erano due vasche addossate alle pareti: una rettangolare, l’atra esagonale. Ancora oggi sulle pareti ci sono diverse nicchie che dovevano accogliere sculture. C’erano poi due disimpegni probabilmente utilizzati come ambienti di passaggio.
Visto che pochi avevano la possibilità di avere la latrina in casa, la città si doveva dotare di una latrina comune e qui, nel foro, c’era una latrina che doveva essere molto frequentata. Sotto i sedili c’era una canaletta di scolo e, in prossimità dell’entrata, c’era anche una fontana per lavarsi le mani: tutto ben organizzato!
(Beatrice Clementi e Claudia Volpicelli)

Pozzo:
Continuando a percorrere il decumano massimo incontriamo il pozzo. Esso è costruito con materiali di spoglio, pezzi di pietra, mattoni e selce. Questo ci fa capire che diventa un problema l’approvvigionamento dell’acqua. Ostia si dota di un acquedotto nel I sec. d.C. (fase in cui l’acqua veniva raccolta con delle cisterne), dopodiché questa città ormai moderna necessita di un vero acquedotto, che viene fondato all’epoca dell’imperatore Tiberio e serve anche a portare l’acqua alle numerose terme che si trovavano in città. L’acquedotto però cessa di funzionare nel V sec. d.C. e a questo punto gli abitanti di questa città spopolata e impoverita devono ritornare in temi più antichi per provvedere all’approvvigionamento dell’acqua, quindi vengono creati dei pozzi: segno di un’epoca più tarda, di decadenza come dimostrato dall’uso di materiali di spoglio. (S.Eustacchi e Federica Pelliccia)

Terme di Nettuno, vicino Porta Romana:
Nell’epoca d’oro di Ostia Antica, al tempo dell’imperatore Adriano, la crescita della popolazione fa si che si inizino ad edificare insule su più piani, sfruttando la verticalità, non più l’orizzontalità. Nei piani inferiori troviamo dei esercizi commerciali, negozi, o le terme, come del caso delle Terme di Nettuno.
All’interno di Ostia erano presenti circa una trentina di terme, di cui tre pubbliche, tra cui questa.
Le terme erano luoghi frequentati quotidianamente, spesso dopo il lavoro. Era un’area ricreativa del fisico e dello spirito, serviva per lavarsi, dato che quasi nessuno possedeva i bagni nelle abitazioni, per socializzare, si facevano incontri, si stringevano patti e alleanze, si faceva ginnastica, c’erano biblioteche per leggere, ci si faceva massaggiare: si poteva scegliere cosa fare, non necessariamente fare tutti le stesse cose.
A differenza delle terme di Roma che avevano un impianto fisso che si replica, stanze balneari al centro dell’edificio, spogliatoio palestra sauna e piscina, quelle di Ostia invece è realtà più piccola: non c’è l’anatazio, i tepidaria sono luoghi senza vasche.
Nelle terme di Nettuno c’è una sala di raccolta delle persone, dove viene raffigurato un mosaico che rappresenta nettuno
Ci sono in successione il frigidarium, spazio con le vasche a temperatura ambiente; tepidaria, ambienti di passaggio mediamente riscaldati senza vasche; calidarium con due vasche. Quindi c’è un insieme di stanze balneari con le vasche a differenza di temperatura per abituare il corpo progressivamente.
La palestra è uno spazio piuttosto grande, scoperto al centro e coperto lateralmente: ci sono una serie di ambienti collaterali per massaggi. Si pratica il gioco della palla ,ginnastica a corpo libero, lotta e tutto intorno gli ambienti.
Qui i medici prescrivevano di riscaldare prima il corpo poi raffreddarlo, prima frequentare la palestra poi le terme ma ognuno poteva fare quel che voleva. Quindi prima in palestra e sauna poi progressivamente: calidarium, tepidaria e frigidarium.
Da qui siamo saliti su in terrazzino per osservare le terme dall’alto e i mosaici.
Abbiamo visto due ambienti: due saloni senza vasche di raccolta delle persone, che contengono i mosaici più belli secondo molti, i quali mostrano:
Primo: mostra il dio del mare nettuno col suo carro evidenziato dal tridente che è alla guida di una quadriga formata da cavalli marini con il corpo dei cavalli che termina con code di pesce. Tutto intorno c’è un corteo uomini “sirenetti”, cavalli marini, pesci. Il mosaico più famoso di ostia.
Altra sala personaggio simile a nettuno con anfitrite su un cavallo marino, moglie di nettuno, preceduta dall’amorino, simbolo dell’amore che la lega al marito, e circondata da tritoni e animali marini. I mosaici sono di conseguenza ispirati ai temi del mare con divinità principali e con corteggio costituito da esseri fantastici legati al mare.
Dietro le colonne c’era una vasca, sul lato opposto un’altra vasca, entrambe a temperatura ambiente.
(S.Eustacchi e Federica Pelliccia)

Poi ci siamo diretti verso la domus della Fortuna, percorrendo la via omonima, dove si incontra via del Caseggiato del Sole che divide in due un gruppo di edifici. Il primo comprende una serie di botteghe e abitazioni ed il Mitreo dei Serpenti. Il nome gli è stato dato per la presenza degli affreschi che rappresentato dei grossi serpenti. Il mitreo presenta una forma classica con una sala rettangolare allungata, i cui unici elementi di rilievo sono, in realtà, i due pannelli affrescati che si vedono sulla parete di fondo. Essi raffigurano due grossi serpenti che strisciano uno verso l’altro e convergono entrambi verso un singolare personaggio il cui volto sembra sbucare dal terreno. Questo personaggio rappresentava uno spirito che proteggeva il luogo insieme a tutti coloro che lo abitavano. Era oggetto di venerazione e riceveva offerte di vino, fiori e focacce. Il serpente era il suo animale sacro e molto spesso veniva raffigurato appunto in queste sembianze.
(linda sartorio )